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L'ordalia: Shalom, le sette terapeutiche e l'effetto Lucifero



"Questo è GIORNALISMO o una gran 'PUTTANATA'?" scrive suor Rosalina Ravasio, con i caratteri maiuscoli che connotano l'urlo. Con ciò conferma i tratti temperamentali e linguistici evidenziati dal servizio di Piazza Pulita che descrive gli orrori perpetrati nella comunità Shalom. La gran parte dei telespettatori ha scoperto solo grazie a quel lavoro d'inchiesta l'esistenza di una terapia di cui le vessazioni erano a corredo, cioè la "Cristoterapia". In che consista questa terapia è presto detto: ci si affida a Cristo. Cosa lecita, ovviamente. Ognuno si affida a chi vuole. Difficile, però, immaginare come del Cristo si possa sistematizzare l’uso e farne il perno di un pacchetto specialistico per le dipendenze. Ciò, in pratica, assimila l’ affidamento e la cura, cosa che, in qualche modo, assimila malattia e peccato. E’ anche vero che prima di comprare una macchina usata è bene vedere chi sia il rivenditore e, nel caso del pacchetto cristoterapico, questo controllo preventivo potrebbe ingenerare qualche lecito dubbio. Infatti, tale pratica, già in uso da anni, è stata divulgata in Italia da una singolare coppia, quella costituita da Alessandro Meluzzi, già Sua Beatitudine Alessandro I, Primate della Chiesa Ortodossa Italiana, Arcivescovo d’Italia, Eparca di Ravenna e Aquileia, e da Don Pierino Gelmini. Il primo è conosciuto al grande pubblico quale psichiatra e criminologo, e agli internauti quale pontificante fustigatore del "pensiero unico", soprattutto dalla pandemia, durante la quale si è distinto quale propagatore di disinformazione su vaccini e massimo divulgatore del complotto di QAnon, quello che prevede Trump impegnato a salvare il mondo dalla cospirazione dei pedofili satanisti che segretamente lo governano. Non è un caso che è stato individuato da NewsGuard, azienda specializzata nel monitoraggio della disinformazione sul web, come uno dei “super-diffusori di disinformazione sul COVID-19 in Europa”.

Don Pierino Gelmini, fu intimo amico di Sua Beatitudine, che ne propose addirittura l'elevazione agli altari. Meluzzi fu il portavoce delle comunità per tossicodipendenti L’ Incontro gestite da Gelmini. I due scrissero anche insieme un libro sul singolare metodo di terapia per le dipendenze utilizzato nelle comunità di don Pierino, come anche nella Comunità L’Agape fondata dallo stesso psichiatra e primate. Si sta parlando, appunto, della Cristoterapia. Non si corre il rischio di essere smentiti se si dice che don Gelmini fosse un pregiudicato. Aveva scontato quattro anni di carcere per emissione di assegni a vuoto negli anni settanta e quando la morte lo colse era in corso un processo a suo carico per l’accusa di abusi sessuali ai danni degli ospiti delle sue comunità.

Ora, aldilà degli elementi di contorno e dei personaggi pittoreschi, quello della Cristoterapia è esempio emblematico di un modo di intendere la cura delle dipendenze niente affatto isolato. Non ci si riferisce esclusivamente all'utilizzo di pratiche spirituali che necessitano di pragmatiche percosse per essere efficaci, ma anche e soprattutto ad una ben più vasta area culturale ancora ben presente in ambito comunitario, ma dotato di cittadinanza anche nei servizi territoriali per le dipendenze, quella che produce una lettura moralistica dell’ addiction slegandola dai propri connotati biologici.

Infatti, molte sono le proposte di “recupero” (si noti il termine) del tossicodipendente” basate su “percorsi” (verso l’illuminazione, I suppose…) che vedono il proprio perno nella spiritualità, anche se questa non è necessariamente connotata nel senso di una schietta religiosità. Ripercorrere la genealogia delle comunità per tossicodipendenti è utile a gettare luce su questo aspetto. La prima comunità fu fondata negli anni '60 da un esponente degli Alcolisti Anonimi (AA). E' in uso in questa organizzazione l'affidarsi ad un “Potere Superiore” a cui, come al “Grande Architetto dell’ Universo” (GADU) della tradizione massonica, si può dare il senso che si vuole. Non è un caso se proprio dagli AA prende le mosse il prototipo di tutti i sistemi di terapia spirituale per le dipendenze: Synanon.

Charles Dederich aveva fondato Synanon sulla base di un presupposto continuamente ribadito: “il tossicodipendente è stupido, a Synanon viene trattata la dipendenza da stupidità”. Il problema non era quindi il piacere e la sua schiavizzante ricerca, ma la condizione di inferiorità psichica del tossicodipendente. A Synanon erano bandite tutte le terapie mediche e principale strumento terapeutico era The Game. In questo “gioco” i partecipanti erano disposti in cerchio e un giocatore decideva di prendere di mira un altro utente con un attacco verbale violentissimo. Gli altri dovevano “sostenere l’accusa” . Questo significava che, se qualcuno era accusato di qualcosa, anche se assurda, tutti gli altri dovevano sostenere l’accusatore e aggiungere nuove accuse, a costo di inventarsele. L’attacco terminava solo quando tutti i tentativi di difesa da parte della vittima erano annientati, e questi ammetteva e riconosceva tutte le accuse, anche le più insopportabili, che gli erano state rivolte. Una vera e propria ordalia, l’antica pratica di valutare la buona intenzione, il valore o l’innocenza di qualcuno sottoponendolo ad una prova dolorosa dalla quale doveva uscire indenne.

Questa ordalia di gruppo, che comporta una deresponsabilizzazione assoluta, è la cifra che rende simili tutti i percorsi centrati su un atteggiamento moralistico alla malattia e che prevedono un “recupero” inteso come guarigione spirituale (in senso lato). Ciò comporta che il lavoro che ci si propone affrontando le dipendenze sia quello di una “conversione” . Si sa che quando si tratta di convertire chi è nell’errore pochi sono gli scrupoli che il portatore del Bene è abilitato a porsi. Non si sfugge, allora, alla deriva settaria, cioè al conformarsi del metodo quale "culto" che pone netti confini fra sé ed il mondo esterno, fonte di patologia. Nulla da stupirsi, allora, se il noto programma Narconon, probabilmente ispirato dal Synanon, sia diretta emanazione di un discusso culto, la Chiesa di Scientology. Anche qui una controllatina preventiva al venditore sarebbe opportuna.

Si sta quindi parlando di un processo nel quale il limite fra l’ eticamente lecito e l’illecito perde di nitidezza e definizione. Questa visione, e le conseguenti pratiche, informarono, ad esempio, l'esperienza di San Patrignano, città in cui si forgiava l'homo novus e, nel forgiarlo, c'è chi ci ha rimesso la pelle. Gli abusi perpetrati in assenza di scrupoli ed il fatto che spesso a compierli siano altri ospiti in una fase più avanzata (i "vecchi") riportano chiaramente alla mente il celeberrimo esperimento di Phil Zimbardo. Nell'esperimento vennero selezionati 24 studenti universitari di cui si era appurata la assoluta mancanza di problemi psichici o di personalità e ai quali venne assegnato, in modo assolutamente casuale, il ruolo di prigionieri o guardie carcerarie. Presto le persone che furono assegnate al ruolo di guardie carcerarie incominciarono a manifestare tendenze sadiche, a vessare i "prigionieri", perfino a brutalizzarli, mentre questi mostrarono passività. Eppure, fino a poche ore prima appartenevano alla medesima categoria, quella degli studenti universitari. Effetto Lucifero è il termine utilizzato da Zimbardo per per indicare il processo per cui l'aggressività è fortemente influenzata dal contesto in cui l'individuo si trova e dal compito che ritiene di avere. Tale compito, ed il fatto di essere svolto su mandato, per di più da un gruppo e non individualmente, comporta la deresponsabilizzazione dei singoli. Vediamo così che la cristoterapia è un piano inclinato verso l'effetto Lucifero...

Così, il fatto che a Synanon venisse praticata una forma di “lavaggio del cervello” è un dato che non è mai stato negato dallo stesso Dederich, il quale sosteneva che “se la mente è sporca va lavata”. Nel caso di Synanon, la cosa sfuggì un po’ di mano, perché una mattina del 1978 l’avvocato Paul Morantz aprì la sua cassetta della posta e vi trovò un serpente a sonagli che lo morse. Si salvò grazie al tempestivo lavoro dei medici. Del tentato omicidio furono accusati due esponenti di Synanon, contro cui Moratz aveva vinto una causa per “rapimento e lavaggio del cervello” di un utente a cui la comunità dovette pagare un risarcimento di 300.000 dollari.

Il servizio di Piazza Pulita ci ricorda che anche i praticanti italiani della Cristoterapia hanno avuto qualche problema con la giustizia. Infatti, nel 2015 sono stati rinviati a giudizio 42 operatori della comunità lombarda Shalom per maltrattamenti e sequestro di persona. Tra le persone a giudizio anche la responsabile suor Rosalina Ravasio. La cosa, però, finì diversamente dal caso di Synanon. Non si entra nel merito della sentenza, ma certo l'ambiente culturale e politico italiano, se di sicuro permette di perseguire gli abusi, ove accertati, non è però tale da garantire una diffusa valutazione critica della logica che guida esperienze quali quelle esaminate. La valutazione positiva dell' "uomo forte" che "ha fatto anche cose buone" è atavica. Muccioli, secondo la vulgata, affrontava da solo e nel deserto la "piaga" (metafora di derivazione biblica) della tossicodipendenza e la politica lo ha a lungo supportato. Anni addietro, proprio la cristoterapia godette dell'avallo dell'allora ministro Giovanardi (vedere qui) e l'attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, uomo di punta del movimento Alleanza Cattolica, che ha la delega sulle droghe, è portatore di una visione improntata al medesimo moralismo proibizionista che fa da humus alle esperienze esaminate.


Non tutti coloro i quali hanno mostrato scandalo per i metodi della comunità Shalom, però, sono abilitati a scagliare la prima pietra e, soprattutto, non tutti i moralismi sono espressione della destra politica e religiosa. Infatti, una certa tendenza cartesiana a scindere una "res cogitans" che si è guastata, da una "res extensa" priva di reale importanza, ha informato per decenni l'intervento nelle dipendenze da parte dei progressisti. L'utopismo che informava la critica alle istituzioni negli anni '70 bollava come reazionaria l'idea che genetica e biologia svolgessero un qualche significativo ruolo nella genesi come nella cura delle patologie che investivano la mente o avessero risvolti sociali. Solo l'ambiente contava. Ecco perchè una certa cultura che innerva anche la medicina istituzionale non è senza colpa. Il distintivo di un anti-biologismo post-moderno – cui non è estranea l’ egemonia psicodinamica in ambito psicoterapico- che alcuni operatori delle dipendenze appongono sul bavero a mostra del proprio “progressismo” rischia di essere un marchio molto meno lusinghiero di quanto crede chi lo porta. Infatti, all’ antibiologismo è legato a stretto nodo il moralismo. Ciò perchè , se la biologia è “costrizione”, in quanto pone dei limiti e pretende perfino di imporsi con l’autorità dei fatti, ciò contrasta con la teoria della libertà di migliorare illimitatamente che è il fulcro di una certa visione culturale. Teoria, questa della perfettibilità umana, che accomuna paradossalmente l’idealismo post-sessantottino al misticismo religioso. Nel magnifico mondo in cui se i fatti non si adeguano alla teoria è tanto peggio per i fatti, succede che quando il miglioramento atteso non avviene, la colpa sarà del soggetto stesso che non ha mobilitato tutte le sue risorse per la propria espansione. Fa notare Giovanni Jervis che così “ricompare in forme laiche l’idea della conversione”. Terreno privilegiato per vedere all’opera questo moralismo è proprio quello della medicina delle dipendenze. Qui una pletora di operatori ha rifiutato e rifiuta, per ragioni morali e non scientifiche, di dare prevalenza al trattamento con farmaci sostitutivi dell’eroina. Come se la dipendenza fosse un problema esclusivamente “spirituale” dal quale uscire tramite un dimostrato “impegno” che è una moderna ordalia. L’eroinomane sembra dover scontare la propria perversa ricerca del piacere con una disintossicazione rapida e quanto mai dolorosa, che lo espone necessariamente alla ricaduta, una ricaduta che, pratica ordalica fallita, si attribuisce a debolezza di carattere, a ostilità nei confronti del terapeuta e altre prove della non avvenuta “conversione”.

Insomma, culti e sette possono annidarsi ovunque e, benché le sacre icone possano variare da Cristo a Hubbard a Olivenstein, molti sono quelli che si atteggiano a preti innanzi alla sofferenza degli altri. A onore di Meluzzi va detto che almeno lui si fa riconoscere.

Il pronto post di Meluzzi che riprende il quotidiano cattolico "La Nuova Bussola Quotidiana"

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