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Riflessioni su Dio e la morale mentre sono fermo al semaforo

Luigi Corvaglia


La religione ha convinto la gente che c'è un uomo invisibile

che vive nel cielo, che guarda quello che fai ogni minuto di ogni giorno.

E l'uomo invisibile ha una lista di dieci cose specifiche che non vuole che tu faccia. E se fai una qualunque di queste cose, ti manderà in un posto speciale,

pieno di fuoco e fiamme e torture e angoscia,

dove vivrai per sempre e soffrirai e griderai e brucerai

fino alla fine dei secoli. Ma lui ti ama!

Ti ama.


George Carlin


E' rosso! Alla radio si parla della "trilogia cristiana" di Bob Dylan. Quello che avvenne al menestrello di Duluth fra il 1978 ed 1981, cioè la conversione ad una forma di cristianesimo particolarmente bigotta e moralista, continua a turbarmi quasi quanto i tre brutti album che produsse in quella fase. Comincia a fluire un flusso di coscienza...


“Se Dio non esiste, tutto e possibile" faceva dire Dostoveskji a un personaggio de I Demoni. l concetto, semplice quanto diffuso, è che se non esistesse dio, non esisterebbe neppure una differenza tra il giusto e l’ingiusto. Un dio-necessità, quindi, che si offre a considerazioni atte ad uno stop al semaforo. Quello dei rapporti fra dio e il male, del resto, è tema antico. Epicuro, in contrasto con l’affermazione del grande russo, diceva che la presenza del male nel mondo era la prova che gli dei se ne disinteressavano, perché, nell'eventualità che avessero voluto eliminarlo e non avessero potuto, sarebbero stati impotenti, mentre, se avessero potuto e non voluto, sarebbero stati malvagi. Agostino, al contrario, riprendendo i sofisti, affermava che ciò che ci appare come male, in realtà contribuisce alla perfezione totale. La questione ha attraversato i secoli interessando Bayle, Bohme, Arnaud, Malebranche. Hegel, ecc., ma è ancora, ovviamente, aperta. Bene, io comincerei col dare inizialmente per buona l’ipotesi che esista qualcosa identificabile come Bene e qualcos'altro identificabile come Male. Identificheremo quindi il primo con ciò che è gradito a dio e il secondo con ciò che gli è sgradito, e pertanto merita la sua giusta punizione. Ciò fatto, un primo livello di considerazione riguarda la questione di quale sia Ia reale natura dell'uomo, dove per “natura” si intende il modo in cui dio lo ha fatto. È questi naturalmente "buono" o ”cattivo”? Se e vera la prima opzione. come immaginato da Aristotele, Rousseau e Tolstoj, i traviamenti che possono portare alla dannazione eterna sarebbero opera del potente maligno che agisce su individui costituzionalmente deboli. Come disse il barone d'Olbach, immaginando per un attimo che dio esistesse:


I miei traviamenti sono stati l’effetto del temperamento che tu mi hai dato, delle circostanze nelle quali tu mi hai posto senza interrogarmi, delle idee le quali, senz’alcuna mia collaborazione, sono penetrate nel mio spirito. Se ti sei, come si assicura, buono e giusto, non puoi allora punirmi per gli errori della mia immaginazione, per gli errori causati dalle mie passioni, conseguenze necessarie della struttura del corpo che tu mi hai dato… La tua bontà non potrebbe permettere che io incorra in una pena per traviamenti inevitabili.

Ciò e ancora più vero nel caso in cui avesse ragione chi, come Nietzsche, Stirner, Hobbes, Freud o Calvino, ritiene che l'uomo sia naturalmente malvagio. In tal caso, i peccati per cui si incorre nella pena divina sono, non solo, come dice D'Olbach. inevitabili, ma non si configurerebbero neppure come "traviamenti”. Scrive a tal proposito, Max Stirner che


Sarebbe un errore credere che il cristianesimo inculchi la simpatia e l'amore per il prossimo, in quanto l’uomo che il cristiano dice di amare è l'uomo astratto, ideale, santo, non già l'uomo quale, con le sue passioni, ì suoi slanci, le sue miserie, il quale anzi va schernito, odiato, disprezzato, a meno che non rinunci alla sua umanità, si mutili dei suoi aspetti più tipici, divenendo esempio di santità.

Dio appare quindi nella veste di una sorta di istitutore di collegio con l'unica differenza che quest'ultimo non è il responsabile della natura che si pone la missione di rettificare. ln un modo o nell'altro, opzione positiva o negativa che sia, se si dovessero usare le categorie morali classiche, non si avrebbe difficoltà a bollare la logica della punizione divina come immorale.


ll problema dell'attribuzione delle qualità morali diventa però ben più evidente quando si passa ad un livello di logica superiore. A questo livello possiamo chiederci: "E’ dio che ha decretato cos'è il bene e cos’è il male?”, allora per dio non esiste qualcosa che a priori sia giusta o ingiusta. Ciò comporta un problema irrisolvibile. infatti, innanzitutto, nulla ci autorizza a dichiarare che dio è buono, visto che la bontà è stata stabilita da dio a posteriori. Ma è proprio questa “norma” stabilita ad aprire una questione enorme ed imprescindibile, quella relativa al perché l’Onnipotente avrebbe stabilito che proprio ciò che consideriamo giusto sia il bene e ciò che consideriamo ingiusto sia il male. Se la risposta è che esiste un "motivo", si cade in una impasse. Ciò, infatti, vuol dire che il motivo viene prima di dio, sia in termini temporali (prima il motivo, poi la realizzazione sulla scorta del motivo) , sia di ordinamento gerarchico (dio soggiace al motivo). Il motivo pre-esiste, allora non e frutto di dio. Dio non è il creatore di ogni cosa. Soprattutto, se c'è un motivo, dio è dovuto scendervi a patti. Quindi dio non è onnipotente. Dio appare allora solo strumento di una ragione necessitante. Allora la ragione è dio! Sembra una sterile elucubrazione ma la questione non e affatto secondaria, perché quello della perfezione del Creato, in cui ogni cosa ha un suo “motivo”, è il luogo comune alla base del ragionare del credente. Ogni qual volta si discetta sulla "perfezione" della fisiologia e dell’anatomia dell’uomo, ad esempio, si ammira la grandezza del progettista. Tutto è "previsto". Similmente, c’è un motivo ben preciso per cui il Creatore ha stabilito ogni legge fisica ed ogni caratteristica umana e del resto della natura. Questo è quello di creare il miglior universo possibile. L'Essere perfettissimo ed onnipotente viene descritto, dalle stesse persone che tale lo considerano, con limitatissime caratteristiche antropomorfiche, umane. Si tratta di un dio che pensa, ragiona, prevede e sceglie, che valuta le infinite possibilità e decide di conseguenza. I miseri processi della mente umana vengono proiettati sul Creatore. Ma questi è Essere Supremo! Non può essere costretto ad effettuare delle scelte; sarebbe un dover scendere a patti con qualcosa (ad esempio un mondo dotato di date qualità fisiche piuttosto che altre), un motivo che preesiste al mondo: ma ciò, in qualche modo, significa che dio stesso è soggetto ad una legge (il motivo), un vincolo ad un fine qualitativo. Ciò è impossibile, in quanto si prevede qualcosa prima e al di sopra di dio, la qual cosa rende inutile immaginare dio come "intermediario". Questo ragionamento vale per ogni aspetto e qualità del mondo, a maggior ragione, quindi, per i concetti immateriali come il Bene e il Male. Cosi, se è una contraddizione logica un dio che "sceglie" le qualità morali più adatte, un dio che è buono indipendentemente dalla sua “scelta” di ciò che e bene o è male, agirebbe in un universo in cui il giusto e l'ingiusto sono indipendenti dal suo volere, anteriori, superiori, preesistenti. È la solita impasse.


Ad ogni modo, anche lasciando i quesiti irrisolvibili della teologia, a confutare l'idea secondo la quale, in mancanza di dio, si avrebbe solo la barbarie dell'immoralità, basta la storia che dimostra, dall'editto di Costantino all'attuale scontro tra civiltà - passando per le crociate e l’inquisizione - esattamente il contrario. Eppure non c'é religione che non predichi il bene e l'amore. La ragione, disse Kelsen, è che se si possiede la Verità, si è obbligati ad imporla agli altri che sono nell'errore. Infatti, se una verità e dimostrabile ed inconfutabile, non c'è bisogno di imporla, imponendosi già da sé. Voltaire ci ricordava che "non esistono sette in geometria". ll fanatismo è quindi naturalmente crudele perché presuppone due elementi fondamentali: la certezza di essere nel giusto e l'impossibilità di utilizzare mezzi razionali per dimostrarlo; da ciò discende l’imposizione violenta e senza scrupoli, grazie all'alto valore morale della missione di portare la Verità. È quindi l'“infalsificabilità”, per usare il termine di Popper, ad essere motivo della virulenta aggressione delle chiese nei confronti di chi pretende non essere accolto nel fraterno abbraccio religioso, sempre pronto a trasformarsi in tagliola. È grazie a ciò che nei secoli passati il “bene” è stato approntare roghi per gli eretici. Jonathan Swift scrisse che ci sono già abbastanza religioni da permetterci di odiarci e Bakunin, parafrasando Voltaire, ghignava che, se dio esistesse bisognerebbe abolirlo. Si sarebbe quindi tentati, alla luce di tutto quanto esposto, di affermare, con buona pace di Dostoveskji, che se dio esiste (almeno nella nostra mente), tutto è possibile.


E' verde! La radio passa "Simpathy for the devil".


Una prima versione di questo articolo è stato pubblicato su NonCredo, n. 15, Anno IV, del Febbraio 2012

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