Quelli che gli anglofoni chiamano "cult apologists", da noi noti con la traduzione maccheronica di "apologeti dei culti", non sono tutti uguali. Alcuni sono peggio. In un mio libro di qualche anno fa passavo in rassegna le varie tipologie di questi solerti difensori di ogni movimento spirituale minoritario, purché controverso, in un capitolo che avevo appunto intitolato "Apologeti. Raccolta differenziata". Mi era di ausilio un volume collettaneo curato anni prima dal sociologo Luigi Berzano (Credere è reato? Libertà religiosa nello Stato laico e nella società aperta, Edizioni Messaggero Padova, 2012), perché l'elenco degli autori coinvolti in quell'opera era lo specchio fedele di quel mondo in cui le contraddizioni apparentemente più insanabili trovavano una compensazione nella logica de "il nemico del mio nemico è mio amico". Nel libro sfilava infatti una variegata umanità che includeva il politico anticlericale, l’esponente del tradizionalismo cattolico, il rappresentante di Scientology, l'ex ministro degli esteri di una federazione new age e lo scettico post-moderno. Quest'ultimo tipo rientra in una delle tre categorie in cui ho raggruppato i paladini dei "nuovi movimenti religiosi", nello specifico in quella dei "relativisti postmoderni". Le altre due sono i "relativisti liberali" (ben rappresentati nel volume curato da Berzano da uno storico esponente del Partito Radicale) e gli " identitaristi spirituali", il cui idealtipo è il tradizionalista religioso che, pur aderendo ad una concezione anti-ecumenica, difende tutte le altre religioni, perché "cane non morde cane". Mi soffermerò qui solo sulla prima categoria. Rimando al mio libro (No Guru. Le sette e i loro difensori, C1V, 2020) per eventuali approfondimenti sulle altre due categorie.
Perfetto esempio dei relativisti postmoderni presente nel volume curato da Berzano è Enrica Perucchietti, autrice nel cui curriculum la cosa più simile ad un impegno accademico è la docenza di "antropologia esoterica" presso la Libera Università italiana degli Studi Esoterici "Achille D'Angelo - Giacomo Catinella" di Lecce, un istituto privato durato il tempo di qualche divertito articolo di stampa e nel quale spiccavano insegnamenti di ufologia, parapsicologia, alchimia e magia.
Perucchietti è autrice di un contributo molto interessante (Il paradigma del controllo per una società trasparente) dal quale vale assolutamente la pena di estrarre alcune citazioni. Eccone una:
(…) tutto nella nostra società è sottoposto a manipolazione, inganno, ipnosi.
Interessante dichiarazione per un testo il cui fine era dimostrare che la manipolazione non esiste. L'autrice però aggiunge:
In che modo un organismo, una persona, un movimento religioso si discosterebbe dalle tecniche adottate normalmente per l’indottrinamento delle masse?
Quindi anche la manipolazione nei movimenti religiosi esiste, ma è indistinguibile da quella operata per indottrinare le masse. Una considerazione a metà fra il "benaltrismo" tipico del populismo e la logica del "too shit, no shit".
Non è ben chiaro come mai per l’autrice e per il curatore, che evidentemente ne condivide gli assunti, la manipolazione nei gruppi costrittivi, che si presume operata da soggetti individuabili e su vittime spesso auto-dichiarate, sia impossibile da dimostrarsi, mentre quella operata da un non identificato “Potere” sulla società intera e lamentato solo dall’autrice e da pochi teorici della cospirazione possa darsi per scontata. Ma tant’è. Scrive ancora la Perucchietti:
Telecamere, carte di credito, chip, decoder, cellulari, ecc., tracciano una mappa completa dei vizi e dei consumi, rendendo ognuno di noi controllato e controllabile. L’eliminazione progressiva della carta moneta e lo studio dell’inserimento di microchip sottocutanei stanno traghettando il sistema verso una «trasparenza» della società che non era stata presa in considerazione neppure da Orwell.
L’apocalissi descritta nel testo, a metà fra il pamphlet anarco-primitivista e la volgarizzazione di Sorvegliare e Punire di Foucault, è fatta dagli ingredienti classici del pensiero cospiratorio degli ultimi anni, primo fra tutto quello dei “chip sottocutanei” tanto cari, per esempio, ad Alessandro Meluzzi. Ciò che va rimarcato è che nel suo descrivere la pervasività degli apparati di controllo, la Perucchietti arriva a inserire fra questi apparati anche la critica dei culti abusanti. Infatti, commentando l'ipotesi della istituzione di una legge sulla manipolazione mentale, prosegue:
L’elemento più inquietante della proposta di legge è che il potere di controllo e di decisione verrebbe affidato a una categoria la cui oscurità professionale non è dovuta tanto ai metodi repressivi cruenti (del passato) quanto al legame con i gruppi di potere. Delegare, infatti, gli psichiatri a decidere se e come una persona sia manipolata, significa adottare anche nell’ambito della fede un metodo empirico. Come se fosse possibile introdurre il calcolo e ricondurre la credenza al funzionamento delle sinapsi. Ciò accade quando si ricorre a positivismo ed empirismo come criteri unici per trattare concetti e risolvere problemi .
Il precedente è uno dei passi più significativi, perché esprime tre temi importanti per definire una certa categoria di difensori dei culti: a) l'antiscientismo; b) la diffidenza nei confronti degli esperti (I giudizi espressi sugli psichiatri, “categoria la cui oscurità professionale” è dovuta al “legame con i gruppi di potere”, supera la semplice dichiarazione di marca “anti-psichiatrica” per configurarsi come parte di una teoria cospirativa; c) L’ostinazione nel presentare la critica agli abusi nei culti come una censura delle opinioni non conformi di cui i culti sarebbero portatori.
Quest’ultimo tema, centrale per l’uso strumentale che se ne fa da parte degli apologeti dei culti di ogni categoria, è ribadito dall’autrice in questo passo:
I movimenti religiosi che si oppongono al sistema o ne criticano alcuni aspetti vengono perseguitati pubblicamente. Non sono rari anche in Italia i casi di vere e proprie crociate mediatiche indotte dal sistema per screditare i movimenti considerati deviati. Il termine non indica alcun reato o specifica condotta morale, quanto semplicemente un comportamento che devia dalle linee guida imposte dai governi.
Vi si esprime l’idea che il “sistema” attui delle crociate per screditare gruppi che sono “devianti” esclusivamente perché si scostano dalle “linee guida imposte dai governi” (?) e non per qualche “reato o specifica condotta morale”. È evidente che l’autrice di questo contributo ignora il lavoro di un altro contributore dello stesso libro, Massimo Introvigne. Questo autore ha chiaramente definito la differenza fra il movimento contro le sette di marca teologica e il preponderante movimento anti-sette laico. Scrive Introvigne:
La caratteristica principale — e lo slogan più ripetuto — dei movimenti anti-sette è che si occupano soltanto di comportamenti, di deeds, e non di credenze, di creeds. Purché il comportamento dei gruppi religiosi non sia “socialmente nocivo”, i movimenti anti-sette proclamano la loro tolleranza nei confronti di qualunque opinione teologica. (Introvigne, M., Il movimento “anti-sette” laico e il movimento “contro le sette” religioso: strani compagni di viaggio o futuri nemici?, Cristianità, 217, 1993) .
Ad ogni modo, la Perucchietti non fa nulla per dissimulare la cornice teorica di riferimento del suo discorso. A suo modo di vedere, quello degli attivisti e studiosi che contrastano gli abusi psicologici è un discorso ipocrita. Scrive:
Se da un lato è evidente l’ipocrisia di una legge anti manipolazione, quando è proprio il sistema postcapitalistico contemporaneo a vivere grazie al controllo e alla manipolazione dei cittadini, il disegno di legge è doppiamente ipocrita nel dimenticare che esistono da decenni (se non da secoli) organizzazioni settarie di carattere occulto che permeano la società creando soldati della fede.
L’esperta ci informa che “da decenni (se non da secoli)” la società è permeata da “organizzazioni settarie di carattere oscuro”. Affermazione sorprendente in un testo che nega l’esistenza di “organizzazioni settarie”. Curioso che lo stesso curatore del testo che accoglieva questo contributo senza che il detector delle balordaggini antiscientifiche suonasse scriverà nel 2024 per il giornale del Centro Studi Nuove Religioni (CESNUR) una pedante "recensione critica" su un libro divulgativo di Lorita Tinelli e Marco Manzari (Sette e manipolazione mentale, Edizioni Piemme, 2023) tacciandolo di superficialità e scarso rigore. Egli parte affermando che gli autori non danno una definizione di cosa sia una "setta", proseguendo poi per ben 12 pagine colme dei cliché tratti dal prontuario per tacitare gli anti-sette e che non necessitavano di tanto autore (che ne è consapevole e scrive infatti il compitino con la mano sinistra). Vi vengono sciorinati alcuni luoghi comuni, come la reiterata menzogna circa l'American Psychological Association (APA) che avrebbe negato l'esistenza della manipolazione mentale, cosa che non ha fatto per l'ovvio e semplice motivo che una organizzazione professionale non si esprime sulle teorie. Nel 1987 l'APA ha semplicemente espresso dubbi metodologici sul prodotto di una task force che stava lavorando sul tema. Nel testo di Berzano si legge poi che le esperienze di Phil Zimbardo, citate nel libro che recensiva, non riguardavano le organizzazioni a sfondo religioso, quindi non sarebbero utili a "distinguere le 'sette' da altri gruppi, pertanto sarebbero inservibili come argomento "anti-sette". L'autore ignora che Zimbardo non intendeva "distinguere" le sette dagli altri gruppi, bensì dimostrare come i meccanismi di deindividuazione fossero parte integrante di tutti i processi di subordinazione indotta, ed è lo stesso Zimbardo a evidenziare come questo fosse particolarmente utile a spiegare il processo di controllo mentale nei culti distruttivi, cosa che ha fatto anche da presidente dell'APA, l'organizzazione che secondo la narrativa degli apologeti dei culti avrebbe negato l'esistenza del controllo mentale. L'APA che sconfessa la manipolazione è quindi da rubricare alla voce "disinformazione".
Se il testo di Berzano non ci regala argomenti nuovi o anche solamente stimolanti, qualche guizzo ce lo dona invece l' autrice del libro da lui curato anni prima. Infatti, chi e cosa siano queste "organizzazioni settarie", definizione nella sua recensione Berzano lamenta che Tinelli e Marzari non danno, ci viene svelato dalla Perucchietti:
Questi circoli non sono i gruppi di satanismo acido e non raccolgono neppure proseliti tra i giovani. Non sono i «nuovi movimenti religiosi». Non si servono di malati psichici o di soggetti mentalmente deboli. Permeano al contrario l’élite della società, i gruppi di potere, persino la vecchia aristocrazia. Condividono il «segreto» solo tra «confratelli», praticano neospiritualismo e occultismo. Decidono l’agenda economica e politica dei governi. Se dovesse essere applicata alla lettera la legge, prepariamoci a vedere i palazzi istituzionali dimezzati, gli ospedali, le caserme e i tribunali vuoti. Massonerie, logge deviate, affiliazioni segrete di carattere occulto, Club Bilderberg: sono questi i cancri da estirpare. Sono questi i movimenti segreti che manipolano gli affiliati dai più bassi gradi rendendoli pedine per gli interessi globali di pochi.
Massonerie, logge deviate, affiliazioni segrete di carattere occulto, Club Bilderberg...
Se al lettore stesse venendo il dubbio di trovarsi davanti ad una delle versioni della teoria della cospirazione del “Nuovo Ordine Mondiale” ordita da logge segrete dedite ad omicidi rituali, potrebbe toglierselo dando un'occhiata alla produzione bibliografica dell'autrice. Spoiler: si, è un'architettura cospiratoria e neppure troppo originale.
Un paio di libri di Enrica Perucchietti
Quello di Enrica Perucchietti, benché il più evidente, non è un caso isolato di postmodernismo paranoide nell'ambiente dei difensori delle sette, tanto è vero che nel medesimo volume collettaneo un altro autore, il filosofo Marco Vannini, si produce in questo significativo passo:
Il potere è a servizio degli interessi: esemplare il caso di Wilhelm Reich - freudiano eterodosso, autore di lucidissime analisi sull'eziologia sociale del disagio psicologico - che, per aver sostenuto teorie non gradite alla potentissima FDA (Food and Drug Administration), fu messo sotto processo. Egli rifiutò, giustamente, l’autorità dei giudici in materia: li invitò polemicamente a leggere i suoi libri e fu perciò incarcerato. ( Marco Vannini, Sulla follia divina, Ibidem, in Berzano (op. Cit.), pp. 35-41, p. 41.
Ovviamente, Reich non fu incarcerato da un astratto Potere per le sue “lucidissime analisi”, ma per frode, dato che vendeva le sue cabine orgoniche per la cura del cancro. Una Wanna Marchi che aveva studiato. Ah, Berzano si chiede cosa c'entri la Marchi con una setta. La risposta è semplice: sono entrambe vittime della cospirazione del potere. No?
D'accordo, un passo falso lo possono fare tutti. Ok, magari gli accademici non dovrebbero farne di così plateali, magari un centro studi che alterna sufficienza e sussiego nei confronti degli "attivisti antisette" perché le loro argomentazioni non si fondano su solide basi scientifiche non dovrebbe permettersi scivoloni simili, però errori di valutazione possono succedere e non bisognerebbe accanirsi per un episodio imbarazzante che dovesse rimanere isolato. Peccato che non è rimasto isolato. Nel 2018, la stessa rivista del CESNUR che ha pubblicato la "recensione critica" di cui sopra (e che ha lo stesso Berzano fra i redattori) aveva dato spazio ad un contributo che esprimeva in modo meno delirante contenuti simili a quelli del capitolo della Perucchietti. L'autore era Massimo (Max) Giusio e l'articolo si intitolava La “fobia delle sette” in Italia: fake news al servizio della denigrazione religiosa (Journal of Cesnur, 2/4 97—117). Visto che il giornale si vanta da sempre del prestigio e del rigore scientifico che lo contraddistingue e che da sempre contrappone alla mancanza di solide basi scientifiche degli autori di parte avversa, il nome dell'ignoto autore mi stimolò una ricerca. Venne fuori che questi era un tastierista jazz-rock, impiegato comunale e che era riconosciuto quale monsignore da una piccola cerchia di fedeli di una auto-dichiarata chiesa ortodossa; era infatti uno dei quattro componenti dell'allora Santo Sinodo della chiesa ortodossa autocefala di Alessandro Meluzzi, una comunione non riconosciuta da alcun Patriarcato Ortodosso, all'interno della quale circolavano personaggi pittoreschi e inquietanti. Per conoscere questa corte dei miracoli che include pregiudicati per violenza sessuale aggravata e sostituzione di persona, truffatori, un vescovo che è smistatore di corrispondenza a Poste Italiane, agitatori monarchici e perfino un sedicente Principe di Seborga, comune che l'ultima volta che ho controllato era in Liguria, si rimanda al mio articolo Poco ortodossi. La chiesa di Meluzzi, il CESNUR e le fake news.
La ricerca, insomma, non prometteva bene, ma va detto che si dimostrò peggio di quanto prometteva. Infatti, ricercando le credenziali scientifiche dell'autore del paper sulla prestigiosa rivista "peer reviewed" risultava solo che questi era docente presso la Università di Scienze Specialistiche Esorcistato Demonologia Escatologia Internazionale (USEDEI). Non saprei dire se sia più prestigioso questo ateneo o l'università di studi esoterici della Perucchietti; certo è che i titoli e le referenze di entrambi sono curiosi per essere autori di un autocelebrato centro studi internazionale che fa vanto del fatto che solo entro le sua mura si ritrovi il rigore scientifico mentre fuori sulla loro mappa c'è scritto "hic sunt leones".
Max Giusio
Sennonché, alla pagina web dell'USEDEI che lo riguarda Giusio risulta antropologo; altrove è spesso presentato come sociologo, criminologo, vittimologo, talvolta teologo, giornalista, quasi sempre avvocato. Infatti è grazie alla laurea in Giurisprudenza che Giusio lavora come amministrativo per il comune di Torino. Curioso è che scorrendo il suo curriculum presente proprio sul sito della città Sabauda, non solo non è possibile trovare traccia delle sue docenze presso prestigiose università di esorcistato e demonologia, che fanno sempre la loro figura in un curriculum, ma neppure del conseguimento di titoli più prosaici come una laurea in Sociologia, in Antropologia, in Teologia o un Master in Criminologia. Solo la laurea in Giurisprudenza a Camerino.
Risparmiamo al lettore altre esilaranti note, ma non possiamo esimerci dal sottolineare che per denunciare le fake news che si suppone prodotte da altri bisognerebbe disporre di un pulpito più presentabile, che per fare ecumenismo bisognerebbe non essere espressione di un ambiente che ha prodotto un partito anti-islamico e, soprattutto, che per fare vanto di rigore accademico bisognerebbe evitare di dar voce a personaggi non propriamente esemplari quanto a credibilità scientifica. Ora, l'ambiente che ha fatto passare attraverso il suo finissimo vaglio scientifico questi autori si produce in una cavillosa recensione di un testo puramente divulgativo che viene impropriamente letto e giudicato secondo le categorie del manuale accademico che non ha mai preteso di essere. Un libro che vuole solo raccontare al grande pubblico un mondo ed i suoi pericoli viene criticato dall'alto di un pulpito accademico per problematiche di ordine logico-metodologico. Ciò lascia più l'impressione di un atto di bullismo che di un sereno confronto scientifico. Una caduta di stile che può spiegarsi solo con il timore, tra l'altro chiaramente palesato alla fine della recensione, che le vilipese associazioni antisette riescano nel loro intento di sensibilizzare le istituzioni sul tema degli abusi.
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