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Questa non è una pipa. Di antipsichiatri, difensori delle sette ed altre aberrazioni alla moda




di Luigi Corvaglia


Negli anni venti del XX secolo Renè Magritte realizzò un quadro raffigurante una pipa. Sarebbe stato un prodotto banale per tanto maestro se egli si fosse fermato a questo. Sennonché il pittore sentì il bisogno di apporre alla chiara rappresentazione di una pipa una spiazzante didascalia: Cecì n’est pas une pipe (Questa non è una pipa). La didascalia nega il criterio di equivalenza fra segno e essenza, fra somiglianza ed affermazione. Nega, in buona sostanza, la certezza che sia possibile riconoscere qualcosa dai soli “segni”. Surrealismo, direte voi.

Sennonché lo psichiatra Mario Gozzano ebbe a dire che “lo schizofrenico è capace di tutto, perfino di comportarsi bene”. Cecì n’est pas une pipe. Analogamente, un genio talmente elevato da non rischiare di essere oggetto delle benevole attenzioni psichiatriche, Salvador Dalì, affermava “l’unica differenza fra me e un pazzo è che io non sono pazzo”. Cecì n’est pas une pipe.

Non ha importanza ciò che i segni descrivono (segni che delineano una pipa, segni che descrivono la salute mentale, segni patognomici di follia) per definire gli oggetti. In effetti, per capire l’ostia consacrata bisogna osservare i preti, non certo l'ostia. La particola di farinaceo azzimo, in realtà, è il corpo di Cristo.  Riti e significati condivisi connotano e danno senso alle cose.


Antipsichiatri


Il movimento anti-psichiatrico sulla polisemanticità e sulle difficoltà di oggettivazione ci ha costruito il proprio paradigma. Thomas Szasz, usava dire che "se tu parli con Dio, stai pregando, se Dio parla con te sei schizofrenico" . Vero. Questo, però, non significa che pipe e non pipe sono decise arbitrariamente dal potere col chiaro intento di sopprimere una qualche classe di persone, come il paradigma antipsichiatrico sottintende. Ciò indica solo che una certa cultura considera normale un dato aggregato di concetti, cioè i "memi" vincenti nella selezione culturale, e non gli altri. Il meme è l'unità culturale di base descritta da Richard Dawkins e che si riproduce passando da una mente all'altra.


I due principali esponenti del movimento anti-psichiatrico sono stati Ronald D. Laing David Cooper. Il primo scrisse: "Se solo potessi convertirvi, condurvi fuori dalle vostre meschine menti, se potessi comunicare con voi, allora sapreste". Siamo al livello del Messia o, almeno, del detentore della pillola rossa in Matrix. Tutto il relativismo culturale su cui si basa il paradigma salta se il principale fautore di questo paradigma è il detentore della verità assoluta. Insomma, ogni volta che si rifiuta l'autorità degli esperti si fa spazio ai santoni. Ma quale è la verità vera, maiuscola, e ultima che l’illuminato ci offre? Eccola: "La follia è uno stato dell’esistenza umana apprezzabile per la sua indiscutibile autenticità". Dunque la follia esiste. Ma certo. Infatti lui la curava, ma non in una clinica, che sarebbe stato da psichiatra, bensì in una “residenza”, Kingsley Hall. Cecì n’est pas une pipe. 

In realtà, l'atteggiamento dell'antipsichiatria classica non nega la malattia mentale ma la vuole sdoganare come più genuina forma di funzionamento psichico. Insomma, si tratta di un antiproibizionismo psichico.


In definitiva, il vero malato è la società, è lei che va curata. In che modo ci è chiarito soprattutto da Cooper, il quale affermava che nella ricetta vanno prescritte le “bottiglie molotov” e "gli scioperi, accortamente predisposti, le bombe e le mitragliatrici impugnate con spirito di compassione, ma anche in modo reale e oggettivo, visto e percepito dagli agenti della società borghese nei confronti dei quali possiamo essere compassionevoli solo in un secondo momento". Non si vuole qui discutere se la società necessiti o meno di detti strumenti terapeutici, bensì se tale terapia abbia reali influenze sulla condizione esistenziale degli individui, a torto o a ragione, definiti “schizofrenici”. L’idea, espressa da Cooper, per cui, negli anni in cui scriveva, Cuba era "già liberata” può essere oggetto di vari commenti, positivi o negativi, a seconda del nostro credo politico, ma non occulta il dato per cui in URSS si finiva in manicomio per sindromi quali “delirio antisovietico” e “non comprensione del materialismo dialettico”. La cosa chiarisce che, più che il potere capitalistico, la psichiatria rischia di servire il potere tout court. Certo, poi è sempre possibile dire che l’URSS non era realmente un paese socialista. Cecì n’est pas une pipe.


In definitiva, il movimento antipsichiatrico era una schematizzazione ideologica perfettamente coerente con la cornice culturale antiautoritaria, vetero-marxista e postmoderna degli anni settanta.


Apologeti dei culti


Come l'antipsichiatria nega la schizofrenia, così, alcuni sociologi della religione, definitisi studiosi dei "nuovi movimenti religiosi", negano l'abuso spirituale e l'esistenza delle "sette", cioè di gruppi spirituali in cui avvengono abusi e vessazioni. Si, alcuni movimenti sembrano dei totalitarismi in cui i diritti e la dignità degli adepti sono calpestati, ma non lo sono; l'unica differenza fra questi culti e le sette è che non sono sette; cecì n’est pas une pipe. Secondo questi autori, l'etichetta denigratoria "setta" è una costruzione sociale come lo è quella di "schizofrenia" per gli anti-psichiatri. Sarebbe il "movimento anti-sette", cioè una sorta di avanguardia della società laicista, che contrabbanda la teoria del "lavaggio del cervello" cui sarebbero sottoposti i seguaci, l'artefice delle campagne d'odio nei confronti di questi movimenti; in realtà, dicono, la manipolazione mentale - come la malattia mentale per gli anti-psichiatri - , è un mito. Esiste solo la persuasione e gli individui, liberamente, si fanno persuadere a perdere la loro libertà. Parafrasando Szasz, se un malvivente ti minaccia per abusare di te, sei una vittima, se tu ti fidi di un malvivente che abusa di te, sei un fedele".


La prosopopea di questi autori non ha nulla da invidiare a quella di Laing quando si doleva di non poter condurre verso la verità le meschine menti del volgo.


L'idea che la persuasione sia un concetto bidimensionale che include anche l'intento del persuasore sembra sfuggire a questi autori. Alcuni persuasori sono infatti intenzionati a sfruttare le persone. L'etichetta "manipolazione mentale" è quindi una metafora per descrivere una forma di persuasione indebita, perché finalizzata all'abuso.

Benché la letteratura scientifica in merito alla persuasione sia incontrovertibile nel definire che la mente umana è prona alla manipolazione (il marketing e la propaganda politica su questo si basano) questo gruppo di autori rifiuta l'autorità degli esperti sul tema, cioè gli psicologi, e, come abbiamo detto, ogni volta che si rifiuta l'autorità degli esperti si fa spazio ai santoni (n questo caso, dei santoni che proteggono i santoni).


Anche in questo caso, come per l'antipsichiatria, ci troviamo di fronte ad una vulgata perfettamente coerente con la cornice culturale del tempo. In questo caso, si parla della cultura libertaria e "politicamente corretta" di questi anni in cui qualunque manifestazione di critica verso una qualsivoglia minoranza viene tacciata di discriminazione. Eppure le cose non stanno come sembrano. Infatti, uno dei maggiori esponenti dell'apologetica dei culti, cioè di questo ecumenismo radicale, non nasconde la propria appartenenza ad una cultura che è paradossalmente tutt'altro che ecumenica. Ad esempio, in un libro sulla droga egli afferma che il problema delle dipendenze si inserisce nel quadro della "rivoluzione' contro il sacro iniziata con la Riforma Protestante.

È curioso che si batta per una deregulation spirituale chi ritiene, sulla scorta del pensiero di Plinio Correa de Oliveira, teorico del tradizionalismo cattolico, che perfino il protestantesimo rappresenti una delle catastrofi che segnano “l’avanzare di un processo storico in cui l’empietà, l’immoralità e l’anarchia si vanno impadronendo dell’universo”. È chiaro che si tratta di un ecumenismo posticcio. Sembra ecumenismo ma non lo è. Ceci n’est pas une pipe.

Come il relativismo degli anti-psichiatri nasconde spesso un dogmatismo basato sull'ideologia marxista che vede nella psichiatria l'agente della società borghese, così l'ecumenismo dei negazionisti dell'abuso spirituale nasconde spesso un'anti-ecumenismo basato sull'adesione a visioni religiose e politiche conservatrici che vedono nel "movimento anti-sette" un agente della società laica.


Perseguire la libertà religiosa facendo guerra alla laicità è paragonabile al promuovere la libertà realizzando la dittatura del proletariato; difendere l'abuso spirituale per salvaguardare la spiritualità è equiparabile a curare la società malata con bottiglie molotov e mitragliatrici impugnate con spirito di compassione.


In definitiva, gli apologeti dei culti non negano l'esistenza della manipolazione, ma affermano che poiché essa è universale ed ubiquitaria (tutti persuadiamo qualcuno, ad esempio un innamorato convince l'oggetto del proprio amore), non può essere oggetto di censura. In pratica, è una forma di antiproibizionismo, come quello degli anti-psichiatri nei confronti della schizofrenia.


L' argomento della difficoltà di oggettivazione è poi un altro elemento in comune fra movimento anti-psichiatrico e movimento pro-sette. Il problema è cioè quello della definizione di dove sia il confine fra la salute e malattia o fra persuasione lecita e quella indebita. Non esiste una soglia fra normalità e patologia. Ciò non toglie che un franco delirio sia facilmente individuabile, checché ne dica Szasz.


Lo psichiatra Allen Frances  (2013) , che è molto critico circa gli eccessi diagnostici della moderna psichiatria, ciononostante scrive:


Alcuni critici radicali della psichiatria hanno approfittato delle ambiguità insite nelle sue definizioni per sostenere che la professione non dovrebbe nemmeno esistere. Sostengono che la difficoltà di trovare una definizione chiara di disturbo mentale dimostra che il concetto è privo di utilità e senso: se i disturbi mentali non sono malattie anatomicamente definite, saranno allora “miti” ed è meglio evitare di darsi da fare per diagnosticarli.

Questa è esattamente la stessa pretesa degli apologeti rispetto alla manipolazione mentale. Se questa non può essere chiaramente definita, sarà allora un “mito” ed è “meglio evitare di darsi da fare” per individuarla.


Quello che deve essere l’approccio ad un fenomeno dai confini indistinti è invece chiaramente spiegato da Frances:


Il modo migliore di capire l’essenza del disturbo mentale – cosa lo è e cosa no – è paragonare il modo di procedere di tre guardialinee rispetto a fuorigioco e posizioni regolari.
Guardialinee 1: “Ci sono posizioni regolari e fuorigioco e io li fischio per quello che sono”.
Guardialinee 2: “Ci sono posizioni regolari e fuorigioco e io li fischio quando li vedo”.
Guardialinee 3: “non ci sono né posizioni regolari né fuorigioco finché non li fischio io”. Guardialinee 1 pensa che i disturbi mentali siano “malattie”; Guardialinee 3 che siano miti immaginari; Guardialinee 2 che siano una via di mezzo: costrutti utili a fornire niente di più (e niente di meno) della migliore ipotesi disponibile per risolvere i problemi psichiatrici. Guardialinee 1 ha una fiducia enorme nella nostra capacità di cogliere la vera essenza delle cose [...]. Guardialinee 3 ci offre la prospettiva opposta: lo scetticismo e il dubbio solipsistico di chi pensa che l’uomo non riuscirà mai ad afferrare per la coda la proteiforme realtà o a conoscerla per quello che realmente è. [...] Guardialinee 2 “fischia i fuorigioco quando li vede”.

Traslata all’ambito della persuasione indebita, la posizione degli apologeti delle sette è quella del Guardialinee 3: “scetticismo e dubbio solipsistico”, luoghi comuni di un libertarismo “da salotto” o da aula universitaria. Per questi autori la manipolazione è un “mito”. Alcuni attivisti anti-sette ci appaiono invece come il Guardialinee 1 che pensa di poter oggettivare e cogliere il fenomeno e gridano "quella è una setta!". Il buonsenso ci impone di essere il Guardialinee 2, il quale “segue una versione molto concreta del pragmatismo utilitaristico”. Infatti, nonostante la indefinizione di una “zona grigia” fra la persuasione sulla quale non sorgono dubbi di legittimità e quella che li fa sorgere, ci sono casi in cui molti indizi presuntivi rendono la malignità della induzione evidente. Sono fuorigioco che si vedono e andrebbero fischiati. Se Dio parla con te, sei schizofrenico. C'è poco da fare


Infatti, che non esista un discrimine fra acqua calda ed acqua fredda non implica che non sia possibile distinguere le due condizioni. Il ragionamento di alcuni, invece, è paragonabile a quella di chi mettesse dieci uomini sotto dieci docce a calore crescente in una fila e se la prendesse con l’ustionato dell’ultima cabina perché urla con l’argomento che non c’è alcun criterio oggettivo per definire quando l’acqua diventa troppo calda. Il classico stile ideologico per cui se i fatti non si adeguano alla teoria, tanto peggio per i fatti.


PS

Un altro punto di contatto fra movimento anti-psichiatrico e culti controversi è il fatto che il più volte citato Thomas Sazsz è stato il presidente del Citizen Commission on Human Rights (CCHR), un front office della Chiesa di Scientology, principale sponsor ed alleato della lobby degli apologeti dei culti.


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