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L’estensione del dominio dell’ideologia. La lotta di classe sessuale e i suoi negazionisti

Luigi Corvaglia


«Come il liberalismo economico incontrollato, e per ragioni analoghe, così il liberalismo sessuale produce fenomeni di depauperamento assoluto. Taluni fanno l'amore ogni giorno; altri lo fanno cinque o sei volte in tutta la vita, oppure mai. Taluni fanno l'amore con decine di donne; altri con nessuna. È ciò che viene chiamato “legge del mercato”.»


— Michel Houellebecq, L’estensione del dominio della lotta (1994)



Nei romanzi di Michel Houellebecq il desiderio partecipa a un meccanismo darwiniano che amplifica le disuguaglianze, una “lotta per la sopravvivenza” in cui pochi vincono e molti restano soli. Alcuni critici hanno accusato lo scrittore di misoginia e di ridurre le donne a selezionatrici spietate, di indulgere nel risentimento maschile. In realtà, Houellebecq non fa propaganda né moralismo: descrive un fenomeno reale, la tendenza femminile alla ipergamia, cioè a preferire partner con status, bellezza o risorse superiori, che affonda le sue radici nell’evoluzione e nella selezione sessuale. È un dato che può disturbare, soprattutto alcune correnti postmoderne e “intersezionali” che, poste di fronte alla scelta tra i fatti e l’ideologia, preferiscono la seconda. Houellebecq, invece, costringe il lettore a guardare in faccia la realtà, anche quando è sgradevole, trasformando un meccanismo biologico in materia narrativa ed esistenziale.


Teoria dell'investimento parentale


Questa condizione trova una prima formalizzazione scientifica nella teoria dell’investimento parentale di Robert Trivers (1972). Trivers sostiene che il sesso che investe di più nella prole – tipicamente la femmina, che sostiene gravidanza, parto, allattamento e gran parte delle cure parentali – tende a essere più selettivo nella scelta del partner, mentre l’altro sesso è più impegnato a competere per assicurarsi l’accesso riproduttivo. L’asimmetria di costi genera quindi una differenza strutturale di comportamento: selettività da un lato, competizione dall’altro.


Benché non sia politicamente corretto dirlo, numerose ricerche empiriche confermano che l’ipergamia ha basi reali e cross-culturali. Lo studio classico di Buss et al. (1989) su oltre diecimila individui in 37 culture mostra che le donne attribuiscono maggior peso allo status economico e all’ambizione del partner. Almås et al. (2023) rilevano la persistenza dell’ipergamia anche in società egalitarie come la Norvegia. Lo studio di Dunn & Hill (2014) ha dimostrato che le donne giudicano gli uomini significativamente più attraenti quando sono inseriti in un contesto di alto status (appartamento di lusso) rispetto a un contesto neutro. Al contrario, gli uomini non modificano la loro valutazione dell’attrattiva femminile in base allo status percepito.

Ciò supporta l’ipotesi evoluzionistica secondo cui le donne cercano segnali di capacità di sostegno, mentre gli uomini si concentrano su segnali visivi di fertilità, indipendentemente dallo status sociale.


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Pollet e Nettle (2008) hanno analizzato i dati del censimento statunitense del 1910 e mostrato che, nei contesti in cui il numero di uomini superava quello delle donne, le probabilità di matrimonio per gli uomini aumentavano significativamente solo in presenza di un alto status socio-economico. Questo effetto era meno pronunciato in Stati con un rapporto tra i sessi più equilibrato o favorevole agli uomini. Lo studio conferma che il rapporto numerico tra i sessi modula le dinamiche di competizione e selezione: quando gli uomini sono in sovrannumero, le donne possono permettersi di essere più selettive, premiando partner con maggiori risorse e status (Pollet & Nettle, 2008)

La tendenza ipergamica riguarda anche l'aspetto fisico. Crosby et al. (2021) hanno esaminato il ruolo del disgusto sessuale nella valutazione di potenziali partner, indagando in particolare se tale risposta emotiva fosse influenzata dalla percezione soggettiva della disponibilità di partner nel proprio contesto ecologico. I risultati hanno mostrato che il disgusto sessuale è significativamente più elevato nelle donne e che è strettamente correlato all’attrattività fisica dei target valutati: volti percepiti come poco attraenti suscitavano un'intensa risposta di disgusto. Crucialmente, questa reazione si manteneva indipendente dalla percezione soggettiva della disponibilità di altri partner o meno, indicando che il disgusto sessuale non è una risposta flessibile adattata al contesto sociale, ma un meccanismo evolutivo rigidamente canalizzato, presumibilmente selezionato per proteggere le femmine da accoppiamenti subottimali e ridurre i rischi associati alla scelta riproduttiva (Crosby et al., 2021).


Ipergamia, adattamento dinamico e plasticità strategica


Le cose non sono però così lineari. La teoria dei giochi ci dimostra che questa innata tendenza ipergamica è modulata dal contesto strategico, cioè dal comportamento degli altri attori coinvolti nella "transazione".

Richard Dawkins, nel capitolo del Gene Egoista dedicato al conflitto dei sessi, utilizza la teoria dei giochi per formalizzare queste dinamiche. Propone un gioco evolutivo ispirato al modello “falchi e colombe” di John Maynard Smith, adattandolo al comportamento sessuale, e mostra come strategie maschili e femminili possano raggiungere un equilibrio evolutivamente stabile. L’idea è mostrare che la fedeltà, la promiscuità e la selettività non sono scelte “morali”, ma esiti di un calcolo di costi e benefici che massimizza la trasmissione dei geni.

Dawkins immagina che in una popolazione esistano due possibili strategie per ciascun sesso. Per i maschi:


  • Fedele (colomba): resta con la femmina, collabora nell’allevamento del figlio e ne paga il costo in termini di tempo ed energie.

  • Seduttore (falco): si accoppia e abbandona la femmina, evitando il costo dell’allevamento ma rischiando di lasciare la prole senza cure.


Per le femmine:


  • Ritrosa (colomba): richiede un lungo corteggiamento prima dell’accoppiamento, come garanzia che il maschio investirà tempo e risorse nella prole.

  • Sfacciata (falco): si accoppia subito, senza pretendere corteggiamento, riducendo il rischio di restare senza partner ma aumentando la probabilità di essere abbandonata da un seduttore.


Dawkins assegna a ogni esito un payoff numerico, espresso in punti, che rappresenta il guadagno netto in termini di “successo genetico”:


  • +15 se un figlio viene allevato con successo.

  • –10 per genitore come costo dell’allevamento.

  • –3 come costo del corteggiamento.


Così, ad esempio, la combinazione Fedele–Ritrosa produce un figlio allevato (+15), ma paga il costo complessivo dell’allevamento (–20) e del corteggiamento (–3). Il risultato netto è +4, che diviso equamente tra i due genitori dà +2 punti ciascuno: una strategia moderatamente vantaggiosa. Al contrario, se un seduttore incontra una sfacciata, lui ottiene +15 (riproduzione senza costi), mentre lei deve pagare da sola il costo dell’allevamento (–20), per un payoff netto di –5. In altre combinazioni, come Seduttore–Ritrosa, non avviene alcun accoppiamento e il payoff è 0 per entrambi.


Questa formalizzazione numerica permette a Dawkins di mostrare come la popolazione evolva verso un equilibrio evolutivamente stabile (ESS), un punto in cui la proporzione di maschi fedeli e femmine ritrose si stabilizza. In questo stato, nessuna “strategia mutante” (più seduttori, più sfacciate) riesce a diffondersi, perché perderebbe in fitness rispetto alla strategia prevalente.

Maschio \ Femmina

Ritrosa (Colomba)

Sfacciata (Falco)

Fedele (Colomba)

(+2, +2) – Figlio allevato con corteggiamento lungo

(–5, –5) – Figlio allevato senza corteggiamento, costo maggiore

Seduttore (Falco)

(0, 0) – Nessun accoppiamento

(+15, –5) – Maschio ottiene fitness massima, femmina paga il costo dell’allevamento

Il gioco di Dawkins, cioè, non si limita a mostrare un punto di equilibrio, ma descrive anche cosa accade quando la popolazione si discosta da quell’equilibrio. Se il numero di maschi fedeli cala troppo, i payoff per le femmine sfacciate peggiorano drasticamente: diventano più frequenti i casi in cui devono allevare la prole da sole (–5 punti), e quindi la strategia sfacciata perde attrattiva. Di conseguenza, nel corso delle generazioni, aumenta la frequenza di femmine ritrose, che richiedono più garanzie prima dell’accoppiamento.

Quando la maggioranza delle femmine è ritrosa, però, il seduttore ottiene sempre meno accoppiamenti (payoff medio vicino a 0), mentre il maschio fedele continua ad avere un guadagno positivo (+2): in questa situazione, la strategia fedele diventa più vantaggiosa e si diffonde tra i maschi.

Se però i maschi fedeli diventano troppi, il “mercato” cambia: per le femmine diventa conveniente ridurre la selettività e passare alla strategia sfacciata, risparmiando i costi del corteggiamento e ottenendo comunque un maschio disposto ad allevare la prole. Ma se troppe femmine diventano sfacciate, torna ad essere profittevole la strategia del seduttore, che ottiene +15 senza costi.

Il risultato è un meccanismo di retroazione: ogni volta che una strategia diventa troppo comune, la sua utilità relativa diminuisce, aprendo spazio a strategie alternative che aumentano fino a ristabilire l’equilibrio. Questo processo produce una fluttuazione nelle frequenze relative di fedeli/seduttori e ritrose/sfacciate, fino a raggiungere il punto di equilibrio evolutivamente stabile (ESS), dove i guadagni attesi delle strategie si equivalgono e nessuna può “invadere” l’altra.


L’equilibrio evolutivamente stabile (ESS) si raggiunge quando circa 5/6 delle femmine (cioè il 91%) sono ritrose  e 6/8 dei maschi (cioè il 59%) sono fedeli: in questo punto di equilibrio nessuna strategia mutante può diffondersi nella popolazione, e il sistema resta stabile.


In questo quadro, anche l’ipergamia – la tendenza delle femmine a preferire partner di status, risorse o qualità genetiche superiori – trova una spiegazione evolutiva. Maggiore è il costo della riproduzione, più selettiva sarà la femmina. L’equilibrio mostra però che l’ipergamia non è un fenomeno immobile, ma un adattamento dinamico: troppi seduttori rendono le femmine più esigenti, mentre troppi maschi fedeli favoriscono femmine meno selettive. In contesti dove il welfare riduce i costi della cura parentale, l’ipergamia può attenuarsi o trasformarsi, modificando le preferenze di accoppiamento.


Un ulteriore strumento utile per comprendere queste dinamiche è offerto dai giochi di matching contrapposto, il cui esempio più noto è l’algoritmo di Gale–Shapley (stable marriage problem) (Gale & Shapley, 1962; Roth & Sotomayor, 1990). In questo modello, ogni individuo dei due sessi ha una lista ordinata di preferenze, e il sistema evolve attraverso una serie di proposte: al primo turno i maschi propongono alla femmina che preferiscono, le femmine accettano provvisoriamente la migliore proposta ricevuta e rifiutano le altre, e i maschi rifiutati propongono alla loro seconda scelta nel turno successivo. Il processo continua finché non rimangono più individui liberi con preferenze residue, e il risultato è un matching stabile, cioè un insieme di coppie in cui nessuna coppia “bloccante” può formarsi perché non esiste un uomo e una donna che si preferiscano reciprocamente più del partner ricevuto. Dal punto di vista teorico, l’algoritmo è ottimale per il lato che propone, ma tende a svantaggiare il lato che riceve. Quando le preferenza sono fortemente concentrate – come accade in contesti ipergamici, dove molte femmine desiderano lo stesso piccolo gruppo di maschi di alto status – il matching risultante diventa fortemente polarizzato: pochi maschi ottengono le partner migliori e molti restano senza abbinamento. Studi empirici su oltre 200.000 profili di OkCupid mostrano che l’80 % delle donne tende a concentrare la maggior parte dei like sul 20 % dei maschi più desiderabili (Rudder, 2009), con tassi di risposta che crollano drasticamente sotto la mediana di attrattiva maschile. Un pattern analogo ma più ambiguo è stato documentato da Bruch & Newman (2018), che analizzando i dati di più piattaforme di dating hanno osservato che sia uomini che donne tendono a contattare partner circa il 25 % più desiderabili di loro. Tutto comunque conferma la predizione del modello: quando le preferenze sono fortemente asimmetriche, il mercato dell’accoppiamento si polarizza e produce un gran numero di esclusi.


Il paradosso normativo e il rischio biopolitico


Se però Houellebecq voleva criticare il libero mercato, non poteva scegliere un esempio più problematico di quello sessuale. Non esiste infatti ambito in cui sia più evidente che lo stato naturale di un sistema umano sia la scelta sulla base di incentivi, né ambito in cui appaia più assurda l’idea di una regolamentazione coercitiva che cerchi di contrastare tale tendenza. Qualunque alternativa al laissez-faire sarebbe aberrante — e Houellebecq sembra prefigurare proprio questa aberrazione quando scrive: «In un sistema economico dove il licenziamento sia proibito, tutti riescono più o meno a trovare un posto. In un sistema sessuale dove l’adulterio sia proibito, tutti riescono più o meno a trovare il proprio compagno di talamo». Qui lo scrittore sembra suggerire che l’unico modo per garantire un accesso universale alla sessualità sia un controllo sui corpi (o, peggio, una loro socializzazione) che ricorda più le utopie totalitarie (o le teocrazie) che una società liberale. È un pensiero volutamente disturbante, e proprio per questo efficace: ci mostra che ogni tentativo di riequilibrare il mercato dell’accoppiamento attraverso regole imposte rischia di sfociare in una forma di biopolitica autoritaria.


Questo rischio non è solo teorico. Alcune sottoculture digitali, come quelle incel (involuntary celibate), prendono le disuguaglianze del mercato sessuale come prova di un’ingiustizia sistemica e arrivano a invocare, più o meno esplicitamente, misure coercitive per redistribuire il sesso: dalla tassazione dei “Chad” (gli uomini di alto valore riproduttivo) fino alla proposta di vere e proprie “quote sessuali”. In questo senso, l’osservazione di Houellebecq rischia di essere interpretata non come provocazione letteraria, ma come un programma politico pericoloso, capace di legittimare fantasie di ingegneria sociale. Non esiste un “complotto misandrico”: la natura non complotta. Se qualcuno vuole prendersela con qualcun altro, dovrebbe prendersela con l’evoluzione. Le dinamiche di selezione sessuale non sono un progetto deliberato né un’ingiustizia artificiale: sono il risultato di milioni di anni di adattamento.


Il valore esplicativo del gioco di Dawkins è che mostra, però, come queste strategie, pur radicate in incentivi evolutivi, siano plastiche: si modulano in risposta alle condizioni relazionali e ambientali. L’equilibrio dinamico che ne risulta dimostra che il sistema tende ad autoregolarsi: non è necessario immaginare interventi coercitivi o “quote sessuali” per riequilibrarlo. Piuttosto, è il contesto sociale — per esempio il welfare, che abbassa il costo della maternità — a spostare il punto di equilibrio, modificando la frequenza delle strategie nella popolazione. In altre parole, la distribuzione dei comportamenti sessuali non è una legge fissa ma un meccanismo adattativo sensibile al contesto, proprio perché risponde alle leggi del mercato, cioè agli incentivi e ai costi.


La Sexual Strategies Theory (Buss & Schmitt, 1993) amplia la visione di Trivers e Dawkins mostrando che maschi e femmine non seguono una sola strategia di accoppiamento, ma dispongono di un repertorio flessibile di strategie a breve e a lungo termine, calibrate sul contesto ecologico e sociale. L’ipotesi di fondo è che la selezione naturale abbia favorito meccanismi psicologici in grado di risolvere problemi ricorrenti della riproduzione: trovare partner, ottenere il loro consenso, evitare tradimenti, massimizzare la sopravvivenza della prole.

Per i maschi, le strategie a breve termine puntano a massimizzare il numero di concepimenti, riducendo l’investimento e il rischio di paternità esclusiva. Questa strategia è vantaggiosa in ambienti in cui l’opportunità di accoppiamento è alta e i costi della cura parentale sono bassi. Le strategie a lungo termine, invece, prevedono un maggiore investimento di tempo e risorse nella prole e nella partner, e sono favorite in contesti dove la sopravvivenza del figlio dipende fortemente dalla cooperazione di entrambi i genitori.

Per le femmine, la selezione ha favorito strategie a breve termine quando queste permettono di accedere a geni di alta qualità (ad esempio tramite accoppiamenti opportunistici con maschi particolarmente desiderabili), e strategie a lungo termine quando è cruciale garantire supporto materiale e protezione. In questo senso, la scelta femminile è sensibile sia alle qualità genetiche sia alle risorse e alla disponibilità del partner, con una ponderazione che varia a seconda del contesto.

Studi cross-culturali e sperimentali hanno confermato queste previsioni: ad esempio, le donne tendono a preferire tratti di “buoni geni” (simmetria facciale, mascolinità) più marcatamente durante la fase fertile del ciclo ovulatorio, ma privilegiano tratti di affidabilità e stabilità quando devono scegliere un compagno di lungo termine (Gangestad & Thornhill, 2008). I maschi, a loro volta, modulano il proprio investimento in base alla spinta alla paternità percepita e alla disponibilità di alternative.


È importante sottolineare che i citati studi sulle app di incontri, che dimostrano la selettività ipergamica femminile, descrivono soprattutto le dinamiche di breve termine: il contesto è spesso orientato a interazioni veloci, a bassa barriera di ingresso e senza garanzia di investimento, perciò le preferenze osservate riflettono in gran parte strategie opportunistiche e competizione per partner ad alta desiderabilità, non necessariamente i criteri usati nella formazione di legami di lungo periodo. Lì le donne scelgono gli uomini negli ultimi percentili di attrattività fisica.


Il ruolo della reputazione nel mercato sessuale


Introducendo la prospettiva a lungo termine, si evidenzia l'importanza nella scelta del partner dei segnali reputazionali. Nel mercato sessuale, il body count – ossia il numero di partner sessuali avuti in passato – agisce come segnale di strategia e di affidabilità. I maschi e le femmine hanno incentivi diversi nella valutazione di questo parametro:


  • Per i maschi, un alto body count femminile può essere percepito come un rischio di infedeltà futura e di paternità incerta, soprattutto se il maschio investe risorse nella prole. Studi empirici (es. Weeden & Sabini, 2007) mostrano che gli uomini valutano meno desiderabili, per relazioni a lungo termine, le donne con un numero elevato di partner precedenti, anche se per relazioni brevi questo effetto è meno marcato. Le donne "sfacciate" hanno un valore di mercato molto basso, sia per la legge della domanda e dell'offerta che per la scarsa garanzia di affidabilità.


  • Per le femmine, un alto body count maschile è più ambiguo: può segnalare status sociale elevato (capacità di attrarre più partner) e quindi buoni geni, ma allo stesso tempo può indicare scarsa propensione all’impegno.

    Numerosi studi mostrano che le donne, soprattutto in contesti di breve termine o nella fase fertile del ciclo ovulatorio, tendono ad attribuire maggiore attrattiva a uomini dominanti, ribelli e socialmente carismatici, anche se meno affidabili (Gangestad & Thornhill, 2008, Jonason, 2009, Carter et al, 2014). Questi soggetti sono "risk taking" e generalmente promiscui. In termini evolutivi, questi tratti possono segnalare “buoni geni” – vigore fisico, status, assertività – e quindi aumentare la probabilità di trasmettere alle generazioni future caratteristiche vantaggiose.

    La ricerca distingue però tra maschi di prestigio (affidabili, cooperativi) e maschi di dominanza pura (più aggressivi e risk-taker): i primi sono preferiti per relazioni di lungo termine, i secondi risultano più attraenti per avventure a breve termine.  In realtà, la preferenza per il “cattivo ragazzo” sembra concentrarsi nelle situazioni in cui il rischio è basso e la posta in gioco è limitata – cioè nei contesti di accoppiamento opportunistico o “casual”. Le piattaforme digitali, dove la competizione per l’attenzione è alta e il contatto iniziale è rapido, amplificano questi effetti: uomini con tratti percepiti come dominanti ottengono più like e interazioni, mentre per la selezione di partner a lungo termine i criteri tornano a privilegiare stabilità e affidabilità.

    La preferenza femminile per un maschio con moderata esperienza sessuale, ma non eccessiva, è stata rilevata in più studi (Townsend, 1993): una via di mezzo che segnala desiderabilità ma anche capacità di investimento futuro.


Questo dato influenza i payoff attesi: un maschio che percepisce la femmina come più “sfacciata” anticipa un rischio maggiore di essere l’unico a pagare il costo della prole (–10), e quindi può essere meno disposto a impegnarsi.

In questo senso, il body count funziona come segnale reputazionale nel mercato sessuale, riducendo l’incertezza strategica. La sua importanza può variare culturalmente, tuttavia, nei contesti in cui la paternità certa resta cruciale, il numero di partner precedenti continua ad avere un impatto significativo sulla desiderabilità a lungo termine. Dietro il moralismo, che è cangiante prodotto culturale, c'è un programma evolutivo solo relativamente flessibile.


Considerazioni finali


La SST, dunque, mette in evidenza la plasticità adattativa delle preferenze: non esistono comportamenti sessuali rigidi e universali, ma un ventaglio di risposte strategiche che si attivano a seconda delle pressioni ambientali. Questo rende il “mercato sessuale” un sistema dinamico, in cui i cambiamenti culturali (ad esempio la contraccezione, il welfare, le app di dating) spostano continuamente i payoff e ridisegnano le frequenze delle strategie nella popolazione. Ad esempio, il lavoro demografico di Erát (2021) segnala un declino dell’ipergamia educativa in Europa, indicando una sua evoluzione secondo il contesto. Questi risultati supportano l’idea che l’ipergamia sia un adattamento innato ma dinamico e non un comportamento statico, coerente con la logica dell’equilibrio evolutivamente stabile descritta da Dawkins.


Ciò che Dawkins e Trivers mostrano con i loro modelli, è che la disuguaglianza sessuale non è un accidente culturale ma un equilibrio evolutivo: disturbante, ma reale. Siamo figli della biologia e della cultura, a sua volta figlia e madre della società. La scelta e lo scambio sulla base di incentivi sono la nostra natura, e non possono essere cambiati per decreto. Non ci si può opporre alla selezione sessuale in nome della frustrazione individuale e dello svantaggio riproduttivo senza scivolare in fantasie di ingegneria sociale.


La retorica incel, pur essendo intrisa di generalizzazioni, ostilità e talvolta misoginia esplicita, trae parte del suo potere da osservazioni semplificate di ciò che abbiamo descritto. Criticare però queste posizioni esclusivamente in nome della correttezza politica rischia di oscurare meccanismi reali della selezione sessuale che meritano invece di essere analizzati con rigore scientifico.  In assenza di contesti di ascolto, rielaborazione e integrazione delle frustrazioni, il senso di esclusione di questa subcultura può degenerare in modelli narrativi violenti, nichilisti o antisociali.

E' ovvio che la visione incel è rozza e incapace di accogliere la variabilità culturale, relazionale ed empatica dell’essere umano. Ridurre l'interazione sessuale a un gioco a somma zero di vincitori e perdenti è fuorviante, poiché ignora l'evoluzione delle norme sociali, le strategie in vista di payoff a lungo termine, la comunicazione affettiva, i "valori di mercato" culturalmente indotti, ecc. Tuttavia, liquidare tutte le affermazioni incel come insensate perché "politicamente scorrette" significa ignorare alcuni dati realistici che la teoria dell'investimento parentale e la teoria dei giochi hanno già evidenziato: disparità nei costi riproduttivi, selettività asimmetrica, vantaggi strategici condizionali. L'evoluzione non è moralista, e non è compito della biologia stabilire cosa sia giusto o sbagliato: essa descrive ciò che funziona, non ciò che è equo.


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